Buongiorno e bentornati su Retroterra, la newsletter sullo spirito del tempo contemporaneo. Oggi ci addentriamo nel grande mondo della faida tra giovani e boomer. Disclaimer: cerco di capire perché ce l’abbiamo così tanto con cinquantenni e sessantenni, dando un volto ad un identikit stereotipato di ciò che accomuna tutti i veri boomer.
👨🏼🦳👨🏼🦳👨🏼🦳👨🏼🦳👨🏼🦳👨🏼🦳
I contenuti mediali seguono da sempre un preciso ciclo di vita: se sono fortunati cavalcano un’onda di successo iniziale a cui seguono altri ripetuti picchi di popolarità. È ciò che succede con i classici della letteratura che tornano in auge parecchio tempo dopo la pubblicazione - 1984 di Orwell finì in cima alla classifica dei bestseller su Amazon qualche giorno dopo l’insediamento di Trump nel 2017 - oppure con i grandi classici del cinema, che fanno un altro giro al botteghino con remake o nuovi capitoli di storie non concluse.
I meme - nella forma social con cui li fruiamo oggi - esistono da molto poco, ma subiscono lo stesso meccanismo di emersione e dimenticanza. Non è un caso quindi che se commenti un tweet in cui si dice che i giovani d’oggi sono ignavi scrivendo “ok boomer” qualcuno possa intervenire con il piede a martello, per ricordarti che si tratta di un meme morto.
Non si è sempre parlato di “boomer” per fare riferimento ai nati nel secondo dopoguerra; il termine - che fa chiaramente riferimento all’espressione (“baby boomer”) usata per definire la generazione che ha goduto dell’impetuosa crescita economica degli anni ‘50 e ‘60 - è rimasto nei libri di sociologia e storia più o meno fino al 2019. A gennaio di quell’anno gli oscuri meccanismi che portano un meme ad emergere dagli abissi del web ha fatto esplodere le timeline di tutto il mondo, con una reazione sbeffeggiante incredibilmente soddisfacente per chiunque abbia meno di trent’anni.
Come si diceva, questo meme ha ormai lo stesso sapore stantio di un rosso lasciato senza tappo per alcuni giorni. “Ok boomer” però ha lasciato un’incisione profonda nel terreno culturale in cui si è integrato, fornendo finalmente uno strumento semplice, universale e veloce con cui i più giovani possono sfogare tutta la loro frustrazione nei confronti di adulti da cui non si sentono capiti.
Pur non potendo dare una forma scientifica a questa analisi, credo di poter dire che quello del boomer sia uno stereotipo in grado di raccogliere alcune caratteristiche realmente descrittive dei cinquantenni e sessantenni di oggi.
Per un certo lasso di tempo - nella seconda metà del secolo scorso - ottenere un’occupazione che garantisse una certa stabilità economica era più semplice. È difficile fare un confronto statistico - il PIL pro-capite è decisamente cresciuto nel XXI secolo; con esso però è aumentato anche il costo della vita - ma è sufficiente leggere alcuni racconti di persone alle prese con il mercato del lavoro in quegli anni per accorgersi della facilità con cui si poteva accedere a determinate condizioni di vita che oggi sembrano non più così a portata di mano.
Vice ha raccolto qualche anno fa le storie di alcune persone che negli anni ‘80 sono transitate all’età in cui si inizia a prendere lo stipendio. Un passaggio mi sembra particolarmente eloquente. “Dall’ambiente in cui provenivo - dice la madre di un redattore - sembrava che il lavoro non mancasse mai, e che fare soldi fosse esclusivamente una questione di volontà”.
Questa convinzione è rimasta come una stella polare per il telescopio con cui una parte dei boomer osserva ancora oggi la realtà; è anche uno degli aspetti che dà più fastidio ad una quota dei più giovani, stando ad alcune testimonianze. Si tratta della mentalità che Aja Romano su Vox sintetizza con efficacia, parlando di logica del “i vecchi sanno ciò che è meglio”.
I boomer quindi sono tendenzialmente convinti di avere le risposte giuste per ciò che concerne il settore economico e quello lavorativo, talvolta mostrano di non volersi sforzare nel comprendere i trend delle generazioni dei loro figli, spesso sono poco alfabetizzati rispetto al linguaggio digitale.
Nel sondaggio fatto qualche settimana fa sul mio profilo Instagram - in cui chiedevo quale fosse la caratteristica che più contraddistingue questa multiforme categoria di persone - ho ricevuto risposte in linea con questa impostazione critica.
Tra i messaggi c’è il filone di chi si concentra sul rapporto tra boomer e internet: qualcuno dice che cinquantenni e sessantenni leggono le notizie politiche su Facebook senza controllare le fonti; c’è poi chi sostiene che non capiscano i meme.
Il gruppo di risposte che ho letto con più interesse è quello in cui si cerca di fare una ricostruzione caratteriale dei boomer, con un’inevitabile tendenza a generalizzare che viene compensata dalla possibilità di far emergere parametri generazionali. Tra questi commenti trovo chi fa riferimento alla supponenza, chi cita la fiducia incrollabile nella meritocrazia, chi nota il loro essere restii al cambiamento.
Siamo inflessibili e pungenti nei confronti dei boomer perché viviamo un’esistenza diversa da quella di chi cresceva nell’Italia appena uscita dal miracolo economico, ma spesso dimentichiamo che alcuni grandi momenti di progresso della nostra società li dobbiamo proprio a loro.
Le manifestazioni del ‘68 sono state organizzate e movimentate da studenti ventenni stanchi di rigidità sociali decisamente più stringenti di quelle della nostra epoca e i risultati ottenuti nel cambiamento dei costumi - di cui godiamo ancora oggi riguardo al percorso scolastico, al ruolo sociale delle donne, ai rapporti familiari più liberi e sinceri - sono intestabili anche ad alcuni di quei signori e ad alcune di quelle signore che oggi bruciamo con sguardi sarcastici quando guardano i video di Casa Pappagallo a volume altissimo.
Le difficoltà nella comunicazione intergenerazionale non nascono certo con la faida sui social tra GenZ e boomer, ma questa volta sembrano esserci elementi di rottura legati alla politica e alla visione del mondo che rendono l’interazione ancora più faticosa tra under-25 e over-50. Al prossimo commento caustico e grossolano pronunciato da un signore coi capelli brizzolati, comunque, non usare più “Ok boomer” che sennò sembri indietro; facci due chiacchiere, prova a farlo riflettere. Vuoi che sia un’impresa impossibile?
👨🏼🦳👨🏼🦳👨🏼🦳👨🏼🦳👨🏼🦳👨🏼🦳
Di già? Abbiamo finito.
Piccola sezione consigli di contenuti vari che consiglio: per approfondire il movimento del 1968 c’è questo bell’episodio del programma La notte della Repubblica di Sergio Zavoli dedicato al Sessantotto e all’autunno caldo del ‘69.
Per quanto riguarda i film, ho visto Reality di Matteo Garrone: una rappresentazione intensa del percorso di una personale normale che viene attirata dal mondo della televisione e dello show-business. Un bel racconto anche su un certo modo di essere di una parte degli italiani. Se ti piacciono gli argomenti che tratto qui sopra è altamente probabile che questo film ti prenda bene.
Basta così che devo anche avere tempo per studiare. Ciao!